Ambivalenza affettiva, odio e amore nei bambini
di Antonio Sammartino
13/08/2019
L'ambivalenza affettiva è la tendenza ad arrabbiarsi e a volte ad odiare le persone a cui si tiene maggiormente.
Secondo Freud, questa modalità comportamentale costituisce, nei primi anni di vita di un bambino, una regola e non una eccezione, in modo particolare nei confronti dei fratelli e dei genitori.
Le emozioni sono sensazioni brevi e fugaci, al contrario dei sentimenti che sono intensi e duraturi. L’amore è un sentimento che sfugge ad ogni definizione, ma se razionalizzato, in diversi casi si scopre probabilmente, che amore non è. Ad esempio, un genitore che manifesta eccessive attenzioni nei confronti di un figlio, in buona fede crede di amarlo, ma inconsapevolmente potrebbe voler mascherare un sentimento di odio.
Cosa accade nella mente di un bambino quando due genitori si separano?
L’odio è la proiezione di un timore, un sentimento molto intenso, che in genere lo si considera in contrapposizione all’amore, mentre in realtà, l’opposto dell’amore è l’indifferenza. Quindi l’odio non segnala la fine di un legame, in quanto odio e amore sono due aspetti di ciò che comunemente chiamiamo passione, un misto di sentimenti ed emozioni, da cui emerge l’ambivalenza affettiva, un abile trasformista che si nutre del senso di colpa.
Secondo Freud, l’esplosione dell’ambivalenza affettiva, realizza una fusione libidica degli istinti di amore e odio, che si sovrappone al naturale processo di fusione delle due tendenze. La paura e il senso di colpa che derivano dalla mancata gestione di questo conflitto, sono alla base dei comportamenti anomali, quale ad esempio (nel caso di una separazione conflittuale, durante la quale la madre attua l’alienazione genitoriale) il rifiuto di un bambino a frequentare il padre, nel timore di procurare un dispiacere alla madre con la quale convive, da cui non è stato mai allontanato (contrariamente dal papà) e che costituisce quindi l’unica fonte di accudimento sicuro e continuo.
I bambini non temono le punizioni, ma la paura dell’abbandono.
Un bambino spesso non è consapevole della natura delle sue sofferenze psichiche, per cui potrebbe essere costretto a dover adottare particolari meccanismi di difesa, al fine di congelare la sofferenza causata da conflitti, angosce, frustrazioni che potrebbero nascere, quando suo malgrado, è costretto a manifestare sentimenti contrastanti (odio, amore) nei confronti di un genitore.
Secondo i dati delle procure, l’80% delle accuse di violenza denunciate dalle mogli, nei confronti degli ex-coniugi durante il periodo che segue l’inizio delle pratiche della separazione, sono false. Il fine di queste madri non-amorevoli è quello di eliminare la presenza del papà dalla vita dei loro figli. Per raggiungere questo obiettivo, alterano la consapevolezza dei figli, facendogli credere che il loro papà è un orco mostruoso. Nell’attuare questa strategia non si rendono conto dei danni psicologici che causano nei figli. Infatti, quando un bambino viene separato da un genitore, vive un disagio che può compromette la regolazione dei suoi fragili meccanismi psichici, che controllano i conflitti emotivi.
Perché, a seguito di false denunce, un bambino ha difficoltà ad relazionarsi con uno dei genitori?
In generale, in questi casi, si vuole ad ogni costo cercare l’esistenza nel bambino di un trauma che possa giustificare questo suo comportamento, in quanto il papà viene considerato colpevole, solo ed esclusivamente in base alle denunce della ex-moglie.
In realtà, in moltissimi casi la motivazione alla base della difficoltà di un bambino a frequentare il papà, è nella separazione o peggio, nelle ripetute separazioni del figlio dal genitore di cui si tenta l’alienazione. Se un bambino non ha la possibilità di frequentare con regolare continuità un genitore, difficilmente potrà stabilire con lui un sereno rapporto, specialmente se la madre non-amorevole, con cui il bambino convive, gli trasmette la sensazione di un tradimento affettivo, se il figlio frequenta il papà.
Secondo Bowlby, le ripetute separazioni di un figlio da un genitore, sono particolarmente dannose per lo sviluppo della personalità del bambino, a causa dell’intensità dell’esigenze libidiche e dell’odio scatenato dalla separazione. Infatti, una delle più dannose conseguenze della separazione da un genitore, è l’aumento dell’ambivalenza affettiva (cioè, dei sentimenti contrastanti odio, amore), che diventa così intensa che, l’immaturo sistema psichico del bambino, non è in grado di equilibrare con armonia. Questi schemi patologici di regolazione, creati dall’aumento dell’ambivalenza affettiva e messi in atto dal bambino, possono continuare a persistere nel tempo e condizionare anche le sue future relazioni affettive. Inoltre spesso l’aggressività prodotta dall’ambivalenza affettiva, viene anche manifestata nei confronti della madre, che malevolmente la giustifica come rancore del figlio nei suoi confronti, in quanto lo obbliga a frequentare il padre, è evidente che è una indegna menzogna.
Un figlio ha il diritto di essere amato e di amare entrambi i genitori. Un bambino non deve essere costretto o indotto con l’inganno a rinunciare ad uno dei due genitori, che quasi sempre è il papà. I danni prodotti da questa azione malevole sono molteplici. Una delle principali cause che rendono problematico, il rapporto del figlio con il genitore alienato è quindi l’esplosione dell’ambivalenza.
Il percorso per regolare l’ambivalenza affettiva, è di fondamentale importanza nello sviluppo psicologico del bambino, in quanto gli consente di acquisire la consapevolezza di questi impulsi contraddittori e di apprendere a regolarli e controllarli, in modo da rendere sopportabile l'angoscia e il senso di colpa. Se non riuscirà a controllare tali impulsi, insorgerà in lui una forte angoscia nei confronti della sicurezza di chi ama che lo porterà a temere eventuali punizioni, anche se non vi sono reali minacce.
Questa condizione è pericolosa in quanto, il timore della punizione, intesa come rappresaglia nei confronti dei suoi atti ostili (o semplicemente delle sue intenzioni ostili), spinge il bambino ad esercitare una maggiore aggressività, nella convinzione che l’attacco costituisce la migliore difesa. Nello stesso tempo il senso di colpa, può generare una compulsiva richiesta di rassicurazioni e dimostrazione di affetto, che se non trovano un riscontro nelle convinzioni del bambino, contribuisce ad accresce l’odio e quindi il senso di colpa.
Diversi disturbi, in età adulta, sono il riflesso di una disturbata capacità a creare legami affettivi, causati da un anomalo sviluppo nell’infanzia, dell’ambivalenza affettiva, in quanto la minaccia della perdita è fonte di angoscia, la perdita causa sofferenza, entrambi possono provocare collera; invece, il perdurare di un rapporto affettivo viene vissuto come fonte di sicurezza, mentre la nascita di un legame affettivo come fonte di gioia.
Cosa rende difficile la regolazione dell’ambivalenza affettiva?
I bambini piccoli sono molto più attenti al significato del tono della voce, dei gesti e delle espressioni facciali, quindi il genitore affidatario dovrebbe manifestare al figlio, soprattutto a livello emotivo, la sua gioia affinché frequenti anche l’altro genitore e le strutture giuridiche-psicologiche, dovrebbero imporre che ciò avvenga, mentre il genitore verso cui vengono manifestati i sentimenti contrastanti, deve saper accettare con serenità il manifestarsi di queste esplosioni.
In generale, ciò che aiuta maggiormente un bambino, è la possibilità di poter esprimere l’ostilità in modo diretto e spontaneo. Il genitore deve saper accettare con serenità le espressioni dell’amore filiale, anche quando si manifesta con frasi: Ti odio, sei cattivo, ecc.
Consentire ai figli di esprimere queste esplosioni, secondo Bowlby, si dimostra ai bambini che non si ha paura dell’odio e che si ha la possibilità di poterlo controllare, inoltre si offre un’atmosfera serena e indulgente, mediante la quale è possibile sviluppare la capacità a sapersi controllare.
I bambini hanno bisogno di affetto, sicurezza e tolleranza.
Secondo Bowlby, diverse persone ritengono che i bambini dovrebbero essere educati a considerare l’odio come qualcosa di negativo e pericoloso. Generalmente, in questi casi, l’azione punitiva adottata si basa su una forte riprovazione, oppure sfrutta il senso di colpa (cioè, si convince il bambino della sua ingratitudine, facendogli notare la sofferenza che il suo comportamento provoca al genitore). Il fine, in entrambi i casi, è di esercitare un controllo sugli impulsi negativi del bambino.
La realtà dimostra invece, secondo Bowlby, che entrambi i metodi sono fonte di infelicità per un bambino, ma soprattutto non consentono ai genitori di raggiungere l’obiettivo.
Entrambi i metodi, generano nel bambino paure e sensi di colpa nei confronti dei propri sentimenti, che vengono interiorizzati, rendendo così più difficile il loro controllo. Infatti, la punizione crea ribelli, mentre la vergogna crea nevrotici oppressi da angoscia e sensi di colpa, invece la tolleranza, nel tempo, consente di raggiungere risultati più vantaggiosi, perché i bambini hanno bisogno di affetto, sicurezza e tolleranza.
È giusto NON imporre frustrazioni ai figli, lasciandogli fare ciò che vogliono?
Secondo Bowlby, le frustrazioni significative sono quelle che riguardano il bisogno d’amore e di attenzione nei confronti del bambino, mentre le altre, anche se non sono positive, hanno una importanza marginale. Ovviamente, una delle più importanti qualità di un genitore è la sua capacità a saper distinguere le frustrazioni evitabili, da quelle inevitabili.
Infatti, diverse irritazioni dei bambini e le conseguenti rabbie dei genitori, possono essere evitate con semplici accorgimenti, mediante l’uso di metodi compiacenti, invece di richiedere un’obbedienza immediata o pretendere che i bambini si conformino al modo di pensare del genitore. L’adozione di interventi amichevoli, quando il bambino commette azioni che non si condividono, sono più efficaci e non generano amarezze, rancori e angosce, come quelle che creano, ad esempio, le punizioni. Inoltre fornisce al bambino un efficace modello per la regolazione dei suoi conflitti, in quanto i metodi che si basano sulla condanna e la punizione, se acquisiti dal bambino, tendono ad essere distorti dalla sua primitiva immaginazione, in patologici sensi di colpa e crudeli autopunizioni.
I bambini imparano facilmente cosa fa piacere e cosa non desidera un genitore, ma non hanno una struttura psichica in grado di assecondare i desideri del genitore, in loro assenza, per cui i tentativi di imporre una disciplina, sono destinati all’insuccesso, anche per effetto dell’esistenza, nell’era attuale, di una maggiore tolleranza alla disobbedienza.
Molti errori dei genitori nascono dall’ignoranza o da problemi emotivi inconsci, formatosi durante la loro infanzia. Quali sono questi errori e come evitarli sarà l’argomento di un prossimo articolo.