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Library: Psicologia - Meccanismi Mentali

La Figura Materna
di Antonio Sammartino    22/12/2019

La struttura della personalità dei bambini, si forma prevalentemente sulla base delle loro esperienze vissute all’interno della famiglia. Infatti, se i genitori soddisfano i bisogni dei figli con armonia ed affetto, consento loro di svilupparsi in modo sano, mentre se si prodigano con cure carenti e distorte, possono indurre nel futuro adulto, disturbi della personalità.

La maternità nella donna, oltre ad un euforico senso dell’amore prodotto dal variare dei livelli ormonali che rendono possibile il manifestarsi del sentimento di amore verso il nascituro, porta con se una inconsapevole forma di angoscia e di timore, sia per le nuove forme di responsabilità e rinunce che l’evento della maternità comporta, sia perché spesso la donna viene proiettata indietro nel tempo a rivivere le relazioni affettive privilegiate, del suo periodo critico dello sviluppo emotivo e cognitivo, relazioni che hanno condizionato il formarsi dei suoi sistemi comportamentali e affettivi. In un certo senso è come se, si risvegliasse in lei, il desiderio di scoprire cosa gli è mancato a livello affettivo, quando era una bambina, principalmente nei suoi rapporti con la figura di attaccamento (generalmente la madre), in relazione a quelli con il suo partner. 

Nella donna occorre distinguere, la madre biologica (istinto materno) da quella affettiva (costruita su base psico-pedagogica), la cui funzione dovrebbe essere quella di offrire al figlio, gli strumenti necessari per consentirgli di costruire una sua sana individualità. Ciò significa che, per diventare una buona madre, occorre innanzitutto che la donna abbia costruita una sua solida identità femminile, che generalmente si basa sulla seduttiva, sull’intimità (intesa come legame affettivo con il partner), sulla maternità e sulla sua realizzazione sociale; in altri termini, occorre che si senta realizzata innanzitutto come donna e che abbia accettato il suo ruolo biologico e sociale che potrebbe essere, per un lungo periodo, in netto contrasto con la realizzazione del proprio sé. 
Una madre, in relazione ai bisogni del figlio, può assumere atteggiamenti diversi, proponendosi come un modello che si inserisce fra due posizioni estreme, che generalmente vengono definite come: Madre Adulta e come Madre Bambina. 
La Madre Adulta, è quella che protegge e aiuta soprattutto nei momenti di bisogno ed è in grado di offrire a suo figlio gli adeguati strumenti di crescita e di indipendenza. E’ questa una donna equilibrata che ha soddisfatto i suoi bisogni primari e che ha mantenuto durante la gravidanza e nel periodo successivo alla nascita del figlio, il suo fondamentale ruolo di donna, capace di coinvolgere anche il suo partner nella cura del figlio, in quanto il suo primitivo bisogno di attaccamento è quello di proteggere il figlio e nello stesso tempo di vivere una solida relazione affettivo con il suo partner, non quello di soddisfare le sue irrisolte infantili esigenze emotive. 
Un probabile segnale di complicazione futura, nella relazioni di coppia e di un atteggiamento non equilibrato nei confronti del figlio, può essere colta nel comportamento della donna, che si isola dedicandosi in modo eccessivo al figlio, che non coinvolge, con atteggiamento sereno, il partner nella cura del figlio; mentre l’uomo dovrebbe avere una maggiore comprensione e tollerabilità alle spinte emotive della moglie, fornire lei un maggior supporto alle paure e ai timori indotti dalle spinte ormonali. Inoltre dovrebbe rendersi più disponibile nello svolgere una parte delle attività che, in periodi di normalità, generalmente svolge la donna, liberandola da quell’eccesso di compiti che potrebbero contribuire ad accentuare la sua fatica e quindi la sua serenità. 
La nascita di un figlio dovrebbe essere quel fantastico evento in grado di contribuire a consolidare la relazione, piuttosto che trasformarsi nell’inizio della fine dell’intesa sentimentale ed affettiva, sotto la spinta di una infantile e irrazionale emotività. 
Nell’estremo opposto vi è la Madre Bambina centrata sui propri bisogni emotivi in cui, il desiderio di un figlio, è l’illusoria speranza di poter realizzare i propri infantili bisogni insoddisfatti di amore e attenzioni. E’ questa una madre incapace di offrire al figlio, gli adeguati strumenti psicologici, al fine di consentirgli di acquisire quel senso della fiducia nelle proprie capacità, necessaria per una sua equilibrata e sana crescita psicologica. E’ questa una madre che, in quanto sospinta dai suoi insoddisfatti desideri, ingloba, imprigiona e trasforma suo figlio, privandolo del diritto di poter crescere secondo le sue personali attitudini. E’ questa un modello di Madre Sacrificale che si pone come esempio di madre-perfetta, mentre nella realtà è una donna che è ancora alla ricerca di un infantile affetto e di un proprio bisogno di identità, che non riuscendo a raggiungerlo in modo sano, cerca attraverso il sacrificio di porsi come guida in grado di illuminare il percorso di crescita del proprio figlio, mentre nella realtà calpesta ed ignora il diritto del figlio di crescere secondo le sue personali aspettative. Spesso queste madri operano, un continuo ricatto affettivo, che si trasforma nei figli, in un patologico senso di colpa che può contribuire a creare nel bambino un Falso Sé, predisponendolo a diverse forme di disturbi emotivi ed affettivi. 
La Madre Narcisista invece, si caratterizza per avere uno stile relazionale egocentrico e pervasivo. In quanto posseduta da una percezione esagerata della propria importanza, manifesta spesso comportamenti arroganti e presuntosi, tende a sfruttare il prossimo per poter raggiungere i suoi scopi, in quanto crede che tutto gli sia dovuto, per cui è incapace di comprendere le necessità degli altri e di rispettare i loro sentimenti, ha difficoltà a riconoscere che i figli possano avere sentimenti diversi dai suoi, per cui ad esempio, se lei è irritata con qualcuno, anche i figli devono condividere questa sua irritazione. Esige un alto livello di ammirazione ed attenzioni, per cui si preoccupa innanzitutto di soddisfare le sue esigenze, di appagare il suo bisogno di amore e di ammirazione, piuttosto che favorire il benessere affettivo ed emotivo dei figli, per cui è incapace di considerarli come individui separati da se stessa. 
La Madre Narcisista, avverte spesso un senso di vuoto, teme la solitudine perché ha bisogno degli altri per essere rassicurate sul suo valore, quindi al primo segno di presunto abbandono o umiliazione si irrita facilmente e si lascia travolgere dall’ira. Quando percepisce di essere svalutata, nega a livello psicologico la percezione dell’offesa, in modo da poter ristabilire l’equilibrio su cui si fonda la sua condizione narcisistica. 
Una Madre Narcisista, manifesta affettività ai figli solo se soddisfano alle sue necessità, diversamente li emargina emotivamente, non rivolge loro la parola o si infuria. Per farsi assecondare dice spesso al figlio che se non ubbidisce non gli vuole più bene, per cui alterna a manifestazioni di amore soffocante, momenti di freddezza e rifiuto, per evitare ciò i figli sono costretti ad assegnare alla madre un’importanza privilegiata nel loro mondo emotivo e si convincono di aver sempre bisogno, per qualsiasi loro scelta, della sua approvazione. Questa falsa idealizzazione li illude di essere amati e protetti dalla loro madre e li convince della sua fragilità, che in diverse occasioni accentua mediante il pianto. Da queste convinzioni nasce la necessità della loro drogata lealtà, che fa ritenere al figlio che deve restare vicino alla madre per prendersi cura di lei. 
Diverse donne sono Madri Ansiose, spesso figlie di Madri Insicure, che esagerano in attenzioni nei confronti dei figli, che modificano spesso il loro stile di comportamento, con incoerenza e confusione, sollecitate da rapporti multiformi, a volte anche profondi. Una Madre Affettiva invece trasmette amore, serenità, fiducia, sicurezza, mentre una Madre Emotiva, induce ansia, rabbia, insicurezza e un diffuso senso di malessere psicologico. Nella cultura umana esiste anche un istinto paterno spesso ignorato, in quanto la tradizione, sulla spinta dell’evoluzione, ha assegnato all’uomo il compito di garantire la sopravvivenza economica della famiglia e di aiutare il figlio a staccarsi emotivamente dalla madre, avviandolo verso una esistenza di autosufficienza e indipendenza, in grado di rafforzare il legame affettivo fra genitori e figli. 
Culturalmente si continua a sostenere che la donna sia dotata di una maggiore attitudine biologica e psicologica, nell’allevamento dei bambini. Questa errata convinzione è uno dei più seri ostacoli verso quell’effettiva parità di diritti e doveri fra uomini e donne, soprattutto nell’accudimento dei figli. 
Accudire un figlio, non significa, in senso figurativo, cambiargli il pannolino. 
Dalla nascita fino all’adolescenza, i bambini costruiscono il loro sistema comportamentale, mediante modelli operativi interni alla loro mente, che si potenziano durante l’età adulta, sulla base dei processi di ricostruzione delle memorie e delle esperienze affettive vissute con le sue principali figure di attaccamento. Ciò significa che durante la crescita, il bambino, alle sue caratteristiche personali, aggiunge il patrimonio di sicurezza affettiva ed emotiva che ha ricevuto dalla sua famiglia. Questo patrimonio, influirà sulla formazione delle sue future relazioni affettive. 
Anche l’interpretazione dell’emozioni, non deriva dalla consapevolezza dei propri sentimenti, ma dall’osservazione del comportamento emotivo di altre persone, solo successivamente il bambino sarà in grado di applicare a se stesso, ciò che ha appreso. Questo tipo di apprendimento è fondamentale per acquisire la capacità sia a fare previsioni corrette sugli stati affettivi dei nostri simili, sia ad aiutarci a decidere come comportarsi con loro. 
Un genitore non deve suggerire al figlio un modello da imitare, ma deve saper riconoscere le sue conquiste, i suoi successi, in quanto le approvazioni donano sicurezza e costituiscono uno stimolo al potenziamento della creatività e dell’iniziativa. Inoltre deve attribuirgli, gradualmente responsabilità e indipendenza, iniziando dalle cose più semplici, fino a giungere a quelle che richiedono un maggior impegno. Un genitore, nel correggere gli errori del figlio, deve saper valutare le sue iniziative, deve riconoscere i suoi sforzi, deve insegnarli a difendere le sue opinioni, quando lui le ritiene valide, ma nello stesso tempo deve anche insegnargli ad ascoltare e rispettare le idee degli altri, specialmente con il suo esempio. Un genitore, non deve mai ferire la dignità del figlio, prevaricarli o esprimere giudizi negativi, in quanto i bambini sono molto sensibili al giudizio dei genitori. Inoltre deve favorire la vita di relazione del figlio con gli altri bambini, al fine di consentirgli di sviluppare la sua socialità, in modo da avere anche l’opportunità di conoscere come il figlio si esprime nei rapporti con i suoi amici. L’obiettivo è di poter individuare affinità e differenze, al fine di poter comprendere, sulla base del comportamento del figlio, entusiasmi, problemi, dubbi, paure, ecc. ed eventualmente parlarne, in particolar modo quando il bambino fornisce al genitore l’opportunità. 
È durante l’infanzia che nel bambino si formano le immagini interne dei genitori e di sé stessi. Queste immagini si modellano sulla relazione che il bambino ha con le sue figure di accudimento. In altri termini, sono le esperienze infantili che determinano la personalità adulta, in quanto lo sviluppo del bambino si fonda su un processo di interazione fra le caratteristiche del suo temperamento in rapporto ai fattori ambientali.

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