Risveglio
di Antonio Sammartino
Il tempo e l’effetto dei medicinali che ero costretto a prendere, attenuarono l’ansia di un abbandono che non poteva essere, perché mai vi era stato un inizio, anche se a volte l’immaginazione riesce ad inventarsi fiabe, che appaiono reali. Forse è la sublimazione di ciò che si vorrebbe che fosse e che invece non è.
Il tempo trascorre, la febbre scompare e sono pronto a lasciare quel luogo che mi appare sempre più lugubre. Finalmente potevo respirare di nuovo quell’aria pulita priva di quel maledetto odore che a volte è fonte di ansia e dolore.
Sentivo il bisogno di respirare e camminare senza una meta precisa, non ero alla ricerca di un qualcosa, perché quella piccola città di mare, raggiunta per caso, mi era sconosciuta, anche se alcuni luoghi sembravano ricordarmi un inesistente passato. Camminavo e guardavo intorno per evitare che il mio incauto passeggiare potesse essere causa d’imprevisti, quando all’improvviso un sussulto mi blocca, quasi mi paralizza. No, è impossibile non potevo aver sognato un luogo che non avevo mai visto in passato. Smarrito e incredulo mi avvicino e mi siedo. Lo riconosco è il tavolo in cui ero seduto, vicino all’altro ora vuoto, anche se i miei occhi crudeli si divertivano a inviarmi immagini irreali. Era una sensazione, perché non riuscivo a toccare o respirare, ma la sentivo forte dentro di me, non riuscivo a capire, ma sentivo che era mia, che mi apparteneva, perché mi donava meraviglia e mi faceva sorridere … forse di una gioia che annunciava speranza.
Ero seduto a quel tavolo con l’ansia che colpisce e il timore che invade la mente di chi s’illude ancora, ma con la certezza che nulla poteva accadere. Non era previsto che restassi ancora in quel luogo, ma non trovavo la forza di andare via e ogni giorno rimandavo al successivo la decisione di stabilire la partenza.
La notte sopraggiunse e con lei il sonno che mi trasportò, per alcuni istanti, nel regno dei sogni dove tutte le fiabe possono trasformarsi in sensazioni di realtà. Ma poi sorridente, un insistente e arrogante raggio di sole penetra in quel piccolo spazio che l’incauta pigrizia, fonte di una tenue speranza aveva donato spazio, per consentire all’alba di spazzare via ciò che restava dei sogni, per restituire alla follia della notte la realtà e la sua verità.
Passeggiavo distratto dal desiderio di quell’unico pensiero in grado di donare serenità, quando a un tratto un forte dolore risveglia l’attenzione, un incredibile scontro che in un istante annullò il dolore, mentre lei era già china per raccogliere gli oggetti, che il mio essere incauto, avevo fatto cadere.
A volte il destino si diverte a scatenare imprevedibili eventi, i nostri occhi ci ingannano, la nostra mente si burla di noi pensai, non poteva essere che la mia immaginazione si divertiva con un sarcastico accanimento a tormentarmi.
Mi scusi… scusami non volevo, ero distratto, passavo per caso, dicevo a me stesso di fare attenzione, un fiume di parole sconclusionate e senza senso che scatenarono l’accenno di quel suo disarmante sorriso. Meraviglioso, incantevole, due preziosissimi smeraldi erano i suoi occhi di colore celeste chiaro, che mi sembravano conoscere da sempre, illuminavano quel viso segnato da timide rughe e da una tenue smorfia di dolore che disegnava labbra leggermente incurvate. Il tutto appariva essere intimo sorriso, caldo, dolce che mi veniva donato, con quel senso dell’altruismo che può essere solo di una donna disponibile a donare un sogno.
A volte uno scontro casuale è quel segno del destino che unisce due percorsi, si creano quelle condizioni in cui è impossibile separarsi, perché sarebbe un gesto di crudele indifferenza. Dopo un primo istante in cui nulla sembrava avesse provocato danni, notai che non riusciva a stare in piedi, a causa di quella che appariva essere una leggera distorsione alla caviglia; fu quello l’unico istante di lucidità che mi spinse a chiedergli di accompagnarla. Il suo consenso fu per un'inspiegabile fonte di gioia.
Durante il percorso parlavamo poco, forse per il timore che le parole potessero turbare quella magica atmosfera che ci avvolgeva e mentre camminavamo mi chiedevo, cosa avesse da rapirmi in quel modo così spudorato, non poteva essere solo il fascino di una donna, anche se di straordinaria bellezza, il profumo della sua carne, il suo sguardo così penetrante, quegli occhi colore del mare che mi faceva immaginare di navigare in acque tranquille, purtroppo per la mia mente neppure un banale motivo riuscì a dissetare la voglia di sapere, solo la sua voce ruppe il flusso dei pensieri: siamo giunti, io abito qui, se vuoi salire per un tè o altro… non fu necessario neppure dare una risposta, che il portone si era già aperto per invitarci ad entrare.
Non vi era ascensore, per cui ci avviamo verso le scale e nel chiedermi di aiutarla mi offri il suo braccio. Nel salire la breve rampa di scale, la sua pelle sulla mia procurava impercettibili fremiti seguiti da frammenti di memoria indecifrabili, che sembravano non essere miei. Nell’aprire la porta di casa ci ritrovammo immediatamente in un ambio locale, mi fece segno di accomodarmi sul divano, mentre lei si diresse nella direzione opposta, con un gesto apparentemente involontario, fece cadere sul mobile un portafotografie che dominava quel piccolo spazio che gli era stato riservato, vicino ad un televisore fissato sulla parete, ma invece di rimetterlo nella sua naturale posizione, lo depose nel mobile sottostante.
Un attimo arrivo, mi disse e si diresse verso una porta che dal tipo di arredamento che si intravvedeva doveva essere la camera di una bambina, da cui uscì per entrare in quella adiacente, doveva essere la sua camera e in un rituale che mi apparve strano ispezionò tutta l’appartamento, per poi sedersi nella poltrona sufficientemente vicina in modo da poterci vedere in viso.
Paura di essere visitata dai ladri?
Nooo, cui seguì un disarmante sorriso. È un rituale che seguo da qualche tempo, nell’infantile speranza di ritrovare una presenza, poi la realtà porta via tutte le mie speranze, il mio più grande, unico sogno d’amore. Non ci sarà mai altro che potrà colmare quel vuoto, anche se questa sera la tua presenza è fonte di sollievo e speranza di un ritorno. Non voglio annoiarti con il mio passato, voglio essere felice questa sera, perché la tua presenza mi rasserena e mi fa sperare.
Queste tue parole, il dolce e caldo suono della tua voce creano ricordi che sembrano non essere miei, ma nel medesimo tempo mi rapiscono e mi trasportano in un passato. Quale strano e insolito potere ha su di me la tua presenza, i miei ricordi mi dicono che ci conosciamo da poche ore, mentre le mie sensazioni mi ingannano nel suggerirmi che sei parte di un passato che incomprensibilmente non vuole raggiungere il presente. Quanta confusione regna in me. Le sensazioni e i ricordi si rincorrono come due bambini felici che giocano su prati verdi.