Sistemi Neuronali Associati allo Stress
di Antonio Sammartino
07/04/2021
I principali Sistemi Neuronali che controllano il rilascio degli ormoni associati allo stress (di cui il più importante è il Cortisolo) sono Ipotalamo, Ipofisi e Surrene. Questi sistemi intervengono per supportare l’organismo nelle situazioni di emergenza di breve durata, che turbano il normale equilibrio fisiologico dell’organismo (ad esempio a seguito di una ferita, nelle liti, nel caso di mancanza di acqua o cibo, ecc.). La funzione del Cortisolo è quella di mobilitare le risorse dell’organismo per un breve periodo, al fine di consentire il ripristino della normalità fisiologica.
Il perdurare di una situazione di stress, anche se di natura psicologica, può compromettere la normalità fisiologica e quindi aumentare il rischio di malattie e indurre disturbi mentali quali ad esempio la Depressione.
La mente è espressione funzionale del cervello.
La mente è il risultato dell'attività del cervello, le cui strutture e funzioni sono direttamente influenzate dalle esperienze interpersonali. Ciò significa che gli Stati Mentali sono il risultato di complesse strutture funzionali mentali e di elaborazione dell’informazione tra i diversi circuiti neuronali interconnessi mediante le Sinapsi. Anche se le sostanze chimiche presenti nel cervello, intervengono nella regolazione e nella modulazione della trasmissione fra le sinapsi che costituiscono i Sistemi Neuronali, sono i pattern di trasmissione all’interno di questi circuiti che determinano lo stato mentale. Ciò significa che sono le variazioni al livello delle sinapsi che costituiscono la base dei disturbi della mente, perché i problemi psicologici sono il risultato dell’esperienze di vita e non la conseguenza di un cattivo funzionamento dei sistemi neuronali. I sistemi neuronali e le esperienze psicologiche quindi sono due modi diversi per descrivere gli stessi processi mentali.
Nelle situazioni stressanti l’Amigdala ed altre aree cerebrali secondarie sollecitano i neuroni dell’Ipotalamo a rilasciare, dai loro terminali situati nell’Ipofisi (o ghiandola Pituitaria), un peptide denominato CRF (Fattore di Rilascio della Corticotropina), che sollecita l’Ipofisi a liberare l’ormone ACTH (Adrenocorticotropo) che induce la Ghiandola Surrenale al rilascio del Cortisolo, che diffondendosi nel sangue viene trasportato fino a raggiungere i diversi organi e tessuti del corpo sensibili alla sua influenza, per esempio le ghiandole salivari (non a caso il livello del cortisolo può essere misurato esaminando la saliva).
Il Cortisolo si lega ai recettori di diverse aree del cervello, fra cui anche a quelli dell’Ippocampo. Quando un numero sufficientemente alto di questi recettori, risultano essere stati influenzati, viene segnalato all’Ipotalamo di interrompere il rilascio di CRF. Ciò significa che l’Ippocampo regola la risposta di stress innescata dall’Amigdala, al fine di mantenere il Cortisolo a normale livello di sicurezza. Nel suo normale funzionamento quindi, consente prima di mobilitare le risorse dell’organismo, al fine di fronteggiare una situazione di pericolo e successivamente di bloccare la reazione allo stress, per evitare che la persistenza dell’eccitazione possa compromettere la salute fisica e psicologica dell’individuo.
Se la situazione stressante perdura nel tempo, può compromettersi la capacità dell’Ippocampo di attuare la sua azione di controllo, perché in uno stato di stress prolungato si svuotano i suoi neuroni dal glucosio (la loro principale fonte di energia) compromettendo così la loro funzionalità. Diventano particolarmente sensibili al Glutammato (neurotrasmettitori eccitatori), causando un’intensa attività neuronale, che appare evidente a livello cosciente, durante le condizioni di stress.
Il perdurare della condizione di stress può causare anche la diminuzione dei dendriti delle cellule neuronali dell’Ippocampo, che degradandosi possono degenerare e quindi morire. La conseguenza è che l’Ippocampo si riduce, compromettendo la capacità mnesica del Lobo Temporale è la formazione delle memorie relative all’esperienze soggettive. Inoltre, si alterano anche le funzionalità della Corteccia Prefrontale, per cui l’individuo si distrae facilmente durante lo svolgimento delle attività ed è quindi indotto a prendere cattive decisioni, a causa dell’alterazione dei processi decisionali e delle funzioni esecutive della mente. Tuttavia, l’aspetto più inquietante è che il perdurare dello stress, potenzia l’intervento dell’Amigdala, contribuendo così a farla sfuggire al controllo della Corteccia Prefrontale, rendendo l’individuo più sensibile alla paura e allo stress.
Secondo alcuni psichiatri, la cura antidepressiva mediante farmaci, tende a ridurre il livello del Cortisolo, in modo da attenuare lo stress e neutralizzare la depressione che costringe l’individuo in uno stato psicologico, in cui la capacità del cervello di aprirsi al mondo esterno e alle nuove esperienze, risulta essere attenuata. Di fatto i farmaci si sostituiscono alla formazione di nuovi pensieri e vanno ad aumentare direttamente, la quantità di calcio presente all’interno delle cellule nervose, mediante l’attivazione di messaggeri secondari, che stimolano i geni delle cellule neuronali alla produzione di adeguate proteine.
Mediante questo artifizio, la mente è indotta attraverso l’inganno, ad uscire dallo stato di isolamento in cui è caduta, spingendo l’individuo ad acquisire nuove esperienze di vita. La cura antidepressiva quindi, ripristina la plasticità dei neuroni, rendendo il cervello più adattivo e quindi potenzialmente in grado di superare lo stato di pericolo in cui è stato intrappolato, per l’eccessiva produzione di cortisolo. Ovviamente questo tipo di cura non crea nuove memorie (pensieri, azioni, idee), ma pone il cervello in uno stato in cui si rende, biologicamente possibile, l’acquisizione di nuovi stati mentali (o comportamenti), in grado di sovrapporsi a quelli che hanno imprigionato la mente a causa della depressione, spingendo così l’individuo potenzialmente verso nuove esperienze di vita.
Le terapie non cancellano i ricordi, semplicemente aiuta a controllarli, impedisce agli stimoli di liberare la risposta alla paura. Ovviamente è utile che il cervello memorizzi nel tempo, ciò che nel passato è stata fonte di pericolo, tuttavia queste memorie possono trasformarsi in dannose intrusioni, quando interferiscono con il normale corso dell’esistenza. Freud riteneva che l’ansia fosse causata da esperienze traumatiche in grado di favorire ricordi ansiogeni, per cui suggeriva di rendere l’individuo cosciente dell’origine del conflitto interiore.