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Library: Trauma e Dissociazione

Neurobiologia del Trauma
di Antonio Sammartino    09/03/2021

I Contributi delle ricerche neurobiologiche, nella comprensione dei meccanismi, sono alla base della dissociazione.

Quando un individuo vive un evento traumatico importante perde il senso del tempo, dello spazio e dell’identità, per cui non riesce a codificare e memorizzare il ricordo relativo all’esperienza che sta vivendo, perché cervello e corpo, di fronte ad una minaccia mobilitano una delle seguenti istintive risposte di emergenza allo stress: fuggire, combattere, sottomettersi, congelarsi o nascondersi. 

L’inizio della percezione del pericolo da parte di uno o più sistemi sensoriali scatena una reazione di eventi neurochimici. L’Amigdala intensifica la sua attività verso l’Ipotalamo, affinché rilasci adrenalina, al fine di attivare il Sistema Simpatico (sistema ad alto dispendio energetico) che accelera il battito cardiaco e il ritmo respiratorio, in modo da incrementare il flusso di ossigeno ai tessuti muscolari e preparare il corpo a rispondere mediante una strategia di attacco-fuga. Durante questa risposta viene anche prodotto il Cortisolo, che innesca un’attività similare nel Sistema Parasimpatico (sistema di conservazione dell’energia) quindi, mentre il corpo si mobilita per l’attacco-fuga, il sistema parasimpatico lo prepara a congelarsi. 
Se ad esempio prevale l’attività Simpatica, la persona manifesta iperattività, rabbia o paura, sfiducia o ipervigilanza e tende ad agire prima di pensare. Il perdurare di quest’attivazione alterna del sistema simpatico e parasimpatico, disregola il sistema nervoso. In queste condizioni, la finestra di tolleranza alle intense emozioni si riduce, per cui il corpo si trova frequentemente in uno stato di allerta pronto all’attacco, oppure manifesta comportamenti passivi che gli consentono di sopportare qualsiasi tipo di aggressione. 
Il sistema nervoso generalmente attiva le medesime risposte automatiche che nel passato, in situazioni simili, si erano rivelate utili, perché il cervello funziona in modo probabilistico, quindi tende a ripetere i comportamenti che aveva adottato nelle situazioni simili. Secondo Van der Kolk, in queste situazioni l’Ippocampo non è in grado di dare un ordine cronologico alle esperienze, prima di trasferirle nelle aree relative alla memoria verbale. Poiché l’Ippocampo e la Corteccia Prefrontale non stanno funzionando, la persona non è in grado di comprendere ciò che accade e di elaborarlo, per cui tutto viene lasciato in balia degli elementi sensoriali non integrati, che non consentono al corpo e alla mente di dare un significato a ciò che accade. 
Ciò può far comprendere come non servono assolutamente a nulla le esortazioni alle vittime a denunciare o a bloccare l’aggressività, perché quando si vivono quelle esperienze, il cervello non è in grado di controllare il corpo. Solo dopo il dramma, le persone prendono coscienza dell’accaduto non dai ricordi, ma da ciò che vedono davanti ai loro occhi. 
Le bambine/bambini vittime di traumi spesso sperimentano inconsapevoli e ricorrenti situazioni di minaccia. Questa perdurante condizione, impedisce loro di sviluppare un’adeguata finestra di tolleranza allo stress, per cui il loro corpo, per adattarsi alla situazione ed essere pronto all’azione, è costretto a porsi in un perdurante stato di allerta oppure per sopportare la situazione traumatica, adotta una strategia prevalentemente passiva e distaccata. 
Nelle normali situazioni, con il trascorrere del tempo gli effetti degli eventi tendono a evaporare, se invece la persona consapevolmente o inconsapevolmente li tiene vivi, il cervello continua a produrre l’ormone dello stress, che rinforza le reti neuronali in cui sono impressi quei ricordi. Questo processo, blocca la persona nel Tempo del Trauma, rendendola prigioniera nel passato, impedendole così di vivere completamente nel presente. Questa situazione può innescare un processo di dissociazione e quindi di compartimentazione. Un aspetto importante che può far comprendere la compartimentazione e quindi il meccanismo della dissociazione è costituito dalle Linee di Faglia (o linee di fratture) che determinano la formazione di due o più aree anatomiche nel cervello. 
Un’importante linea di faglia è il Corpo Calloso, che separa l’emisfero destro da quello sinistro, attraverso cui avviene lo scambio d’informazioni tra i due emisferi. Van der Hart e i suoi collaboratori hanno individuato diverse altre linee di faglia che potrebbero determinare la compartimentazione dissociativa. Diverse ricerche neurologiche hanno rilevato l’esistenza di una correlazione tra la storia di un abuso/trascuratezza e lo sviluppo deficitario del Corpo Calloso, determinando così un deficit di comunicazione tra i due emisferi. 
Durante la prima infanzia l’emisfero destro è quello dominante, mentre quello sinistro inizia farsi notare durante l’età dello sviluppo del linguaggio e in seguito durante l’adolescenza, per raggiungere la piena funzionalità all’incirca verso i diciotto anni. 
L’emisfero destro è visivo, abile nel riconoscere le differenze e le affinità tra gli stimoli. E’ veritiero e identifica solo le informazioni originarie, non dimentica gli aspetti non-verbali delle esperienze e non le interpreta, può agire in base ad un’emozione, ma è privo delle parole per descriverle. Inoltre senza lo scambio d’informazioni tra i due emisferi, quello sinistro non è in grado di ricordare le azioni-reazioni guidate dalle emozioni dell’emisfero destro. 
L’emisfero sinistro invece utilizza il linguaggio per descrivere le esperienze, possiede la memoria autobiografica, è in grado di fare inferenze e di cogliere l’essenza di una situazione, ignorando il resto, ciò pregiudica l’accuratezza, ma semplifica l’elaborazione delle nuove informazioni. 
Il ruolo dell’amigdala e della corteccia. 
L’Amigdala è l’area del cervello in cui avviene l’elaborazione delle esperienze e dei comportamenti che si manifestano nelle reazioni di paura condizionata. Il trasferimento delle informazioni, secondo LeDoux, può seguire un percorso sottocorticale, rapido e breve, in cui le informazioni sensoriali dal Talamo arrivano direttamente all’Amigdala, la reazione alla paura è immediata e si attiva in risposta a semplici stimoli; oppure può seguire il percorso corticale, lento e lungo, in cui l’informazione sensoriale dal Talamo viene prima inviata alla corteccia e quindi all’Ippocampo e infine proiettata verso l’Amigdala. In questo caso la reazione alla paura viene resa comprensibile più lentamente e si attiva in risposta a stimoli più complessi. 
Il percorso diretto Talamo-Amigdala è quindi la via per un’elaborazione veloce, anche se imprecisa, una reazione immediata alla paura. Consente di rispondere a stimoli semplici, ma potenzialmente pericolosi, prima di individuare cosa sia effettivamente. E’ il percorso seguito dalle risposte emotive che non comprendiamo, perché scatenate indipendentemente dal pensiero razionale.
L’elaborazione corticale può inibire la reazione alla paura scatenata attraverso la via sottocorticale. Un aspetto interessante è che la corteccia uditiva, indispensabile nella consapevolezza conscia degli stimoli uditivi, non è necessaria nel condizionamento alla paura, perché può avvenire attraverso la via sottocorticale. Ciò significa che un’emozione può essere scatenata da situazioni di cui l’individuo non è consapevole. Inoltre, anche se le reazioni primarie di paura al trauma possono persistere nel tempo, la consapevolezza conscia può aiutare ad attenuare la risposta alla paura. 
La Finestra di Tolleranza
Secondo Siegel, la Finestra di Tolleranza definisce un range all’interno del quale le informazioni percettive che provengono dal mondo interno/esterno, possono essere integrate in un fluire ininterrotto e associate ai dati emotivi e cognitivi, al fine di dare un significato alle esperienze, senza interrompere il funzionamento del sistema nervoso. 
Il range che definisce la Finestra di Tolleranza può restringersi per effetto di situazioni che causano stress oppure a seguito di ripetuti traumi. Gli stimoli che potrebbero facilmente essere tollerati, per effetto del restringimento della Finestra di Tolleranza originale, potrebbero indurre risposte disregolate. Ciò significa che la Finestra di Tolleranza, narra gli aspetti impliciti di una persona, in risposta alle situazioni che caratterizzano la sua storia, in cui i traumi cumulativi, le ripetute esperienze negative e lo stress prolungato, possono compromettere la capacità della persona di essere nella Finestra di Tolleranza, spostandola così nell’area della disregolazione Iper-Arousal o Ipo-Arousal (vedi figura). 
In altri termini, la ripetuta Iper-attivazione rinforza la risposta di disregolazione, che frammenta l’esperienza percettiva in elementi emotivi o sensoriali, attenuando così la capacità della persona di fornire risposte adeguate agli stimoli interni/esterni. La frammentazione percettiva determina così una situazione in cui i ricordi collegati al trauma, si riattivano a seguito della semplice comparsa di elementi associabili a quelli del trauma. Inoltre, in diverse occasioni potrebbe attivarsi una risposta di tipo Ipo-Arousal che potrebbe attenuare notevolmente la capacità di elaborazione delle emozioni, determinando così un’assenza di sensazioni in intere parti del corpo. 
La percezione della sicurezza è essenziale per una persona che inizia una psicoterapia, tuttavia compito del terapeuta è anche quello di aiutarla a espandere la sua capacità di regolazione delle emozioni. Secondo Ogden-Fisher, se l’attivazione emozionale e corporea della persona rimane a metà della Finestra di Tolleranza (per esempio, bassa paura/ansia), non sarà possibile espandere la sua capacità di regolazione, perché la persona non è in contatto con gli elementi disturbanti delle sue esperienze traumatiche. Inoltre, se l’Arousal eccede troppo verso l’Iper-Arousal o l’Ipo-Arousal, l’esperienza non può essere integrata. Per ottenere dei risultati occorre operare nelle Aree di Regolazione (vedi figura). La persona deve essere simultaneamente in grado di percepirsi in sicurezza, mentre sperimenta qualche elemento emozionale dis-regolato. 
Aiutare la persona ad acquisire la consapevolezza sui limiti della sua Finestra di Tolleranza, gli consente di offrire una lettura riflessiva delle sue risposte emozionali, perché non è lo stimolo a essere traumatico, ma la sua modalità di risposta che attiva le reazioni su base simpatica o parasimpatica. Se la persona è in grado di individuare l’istante in cui l’intensità emotiva e fisiologica tende a spingerla fuori dalla Finestra di Tolleranza, prima di reagire in modo inconsapevole e disregolato, può calmarsi se è in Iper-Arousal oppure attivarsi se è in Ipo-Arousal.
Il concetto di Finestra di Tolleranza di Siegel è stato in seguito integrato da Porges nella sua Teoria Polivagale, secondo la quale nel Sistema Nervoso Autonomo vi sono tre diversi sottosistemi organizzati gerarchicamente che regolano le risposte agli stimoli, ognuno dei quali corrisponde a ciascuna delle tre aree della Finestra di Tolleranza: il Sistema Vagale Ventrale, che consente di ragionare e decidere in modo flessibile e con consapevolezza, che è correlato con la Finestra di Tolleranza Originale; mentre il Sistema Simpatico è correlato con la risposta di Iper-Arousal e infine il Sistema Dorsale Parasimpatico del Nervo Vago con quello dell’Ipo-Arousal. 
Se l’intensità emotiva e fisiologica supera la soglia soggettiva di tolleranza, il Sistema Vagale Ventrale si disattiva, interviene il Sistema Simpatico attivando la risposta primitiva e poco flessibile di Attacco/Fuga, in cui prevalgono le risposte automatiche intense e disregolate (risposte che potrebbero essere adeguate in caso di pericolo reale), ma potrebbe spingere la persona a perdere il controllo e attuare una risposta, per esempio di rabbia dis-regolata e distruttiva. Se entrambi questi due sottosistemi falliscono, si attenua lo stato di Iper-Arousal e interviene il Sistema Dorsale Parasimpatico e quindi il sistema si porta nell’area di Ipo-Arousal attivando lo stato di blocco o di ottundimento.

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