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Library: Psicologia - Meccanismi Mentali

Teoria di Stern sulla prima Infanzia
di Antonio Sammartino    07/09/2019

Quando si ama qualcuno, si desidera condividere con lui i sentimenti.

È da questo desiderio che nasce la capacità di comprendere e di immedesimarsi con l’altro. Tuttavia, non sempre si riesce a comprendere un bambino, per cui l’adulto cerca di immaginare le sue esigenze, basandosi sulla propria sensibilità che è inevitabilmente influenzata dalla sua visione di adulto, che in gran parte è determinata dal modo in cui, i suoi genitori hanno a loro volta interpretato i suoi sentimenti e il suo comportamento. 

Spesso i bambini piccoli non sono in grado di dare significato a ciò che accade nel loro mondo interno, ciò che percepiscono, ciò che vogliono o che li disturba, in quanto i loro desideri, impulsi e sentimenti sono ancora vaghi e privi di forma, per cui l’atteggiamento dell’adulto dovrebbe aiutare il bambino a chiarire il senso della sua esperienza e a definire e strutturare, il suo mondo interno. Sulla base di questa esperienza il genitore si crea un profilo di quelli che ritiene essere i sentimenti e le relazioni del loro figlio, che condiziona il suo modo di rapportarsi con il figlio. Questo profilo esercita un notevole impulso sul bambino e influenzerà l’intera sua esistenza. Se il genitore fornisce interpretazioni contraddittorie della personalità e delle emozioni del bambino è possibile l’insorgere in quest’ultimo di problemi psicologici. 
Da queste considerazioni nasce l’esigenza di cercare di comprendere, dal punto di vista del bambino, ciò che accade nella sua mente ed evidenziare quali sono le esperienze che maggiormente determinano il suo futuro da adulto. 
Cosa accade nella mente dei bambini? 
Secondo Stern, lo sviluppo di un bambino, da un mese fino a 4 anni, si evolve attraverso cinque Mondi di Esperienza. Ogni mondo è a sé stante ed è ricco di esperienze. Nell’attraversare questi mondi in successione, il bambino non li sostituisce, ma li integra fra loro. 
A sei settimane, il bambino vive nel Mondo delle Sensazioni, in cui la tonalità emotiva interiore, legata ad una esperienza, determina le sue impressioni, in quanto il bambino percepisce gli oggetti e gli avvenimenti sotto forma di sensazioni. Al bambino non interessano i fatti o le cose, ma l’esperienza in sé, le sensazioni che vive. Non possiede una coscienza individuale e la distinzione fra il suo mondo interno e quello esterno è molto vaga. Non usa i pronomi personali (io, lei, ecc.), in quanto non distingue ancora se stesso, da chi si prende cura di lui. Non usa gli avverbi temporali (dopo, allora, ecc.), in quanto compaiono quando inizia a riconoscere la successione degli eventi. Infine non usa le congiunzioni (come, perché, ecc.) in quanto compaiono solo quando ha una idea dei rapporti di casualità. Il sistema nervoso di un neonato è perfettamente in grado di valutare l’intensità di tutto ciò che si presenta ai suoi sensi. A sei settimane ci vede bene ed è in grado di percepire le differenze tra i diversi colori, forme e intensità, quest’ultima è ciò che lo attrae maggiormente, indirizza la sua attenzione e curiosità, determina il livello interiore di eccitazione. Non è ancora in grado di toccare o afferrare con precisione ciò che lo interessa, ma è in grado di distinguere fra spazio raggiungibile e spazio irraggiungibile, tuttavia mentre per l’adulto lo spazio è privo di confini, per il bambino è rinchiuso in un limite che è determinato dalla lunghezza del suo braccio. 
Spesso osserva le cose con uno sguardo intento, come se fosse obbligato a fissare un determinato punto. Non è smarrito e non sta sognando ad occhi aperti, ma è in uno stato di attività mentale denominato Attenzione Obbligata. I suoi occhi sono fissi in un punto, ma la sua attenzione spazia sugli oggetti che si trovano ai margini del campo visivo. In questi casi tutti i tentativi di distoglierlo sono quasi certamente destinati a fallire. I neonati focalizzano l’attenzione solo su un oggetto per volta, per cui quando si concentrano su un secondo oggetto dimenticano completamente il primo, per cui non sono in grado di effettuare un collegamento tra i due oggetti. 
A quattro mesi, entra nel Mondo delle Relazioni Sociali Immediate, in cui esplora le molteplici possibilità del rapporto con la madre e le impercettibili azioni che regolano il fluire delle sue emozioni. Non riesce ancora ad afferrare gli oggetti e ad indicarli (questa capacità maturerà verso i cinque mesi e mezzo). I suoi primi rapporti sociali sono di tipo immediato e si svolgono esclusivamente nel presente, mentre il volto umano diventa l’oggetto più attraente e affascinante, il centro psicologico della persona. Compare il sorriso sociale, iniziano i primi vocalizzi ed è in grado di sostenere un contatto prolungato con lo sguardo degli altri. Questo scambio costituisce per il bambino, un’esperienza straordinaria, sollecita in lui forti reazioni che possono essere positive o negative, in quanto è in grado di percepire il mondo interno dell’altro. 
Il bambino tenderà a ripetere questo tipo di esperienza, tutte le volte che si troverà a condividere un significativo rapporto con altre persone. 
Contrariamente a quando si riteneva in passato, la differenziazione tra sé e gli altri inizia intorno al quarto mese di vita, per cui il bambino diventa in grado di usare i pronomi personali (io, noi, ecc..); inoltre, nell’universo temporale del bambino, esiste il tempo dell’orologio che si muove sempre in avanti e il tempo soggettivo che può ritornare indietro per riproporre avvenimenti mediante l’uso della memoria, tuttavia è discontinuo in quanto il bambino vive gli avvenimenti in modo slegato e non è consapevole che il passato è un ricordo, in quanto l’immagine ricordata viene vissuta nel presente immediato. Tuttavia, il bambino non confonde le immagini percepite con quelle ricordate, in quanto costituiscono semplicemente due diverse specie di eventi mentali contemporanei. 
A dodici mesi, scopre di avere una mente ed impara a conoscere desideri e intenzioni. Passa quindi dal mondo degli eventi puramente fisici dell’attimo presente, a quelli soggettivi che si estendono nel passato, nel presente e nel futuro immediato. Scopre che sia lui che gli altri hanno una mente e che due persone possono pensare la medesima cosa o due cose diverse, inizia ad apprendere a riconoscere i desideri e le intenzioni. Il bambino ha quindi acquisito la consapevolezza dell’esistenza di stati mentali (intenzioni, desideri, emozioni, attenzioni, pensieri, ricordi). Inizia a comprendere di avere dei sentimenti di cui gli altri non sono consapevoli, ma che possono condividere. Prima di questa età gli oggetti nascosti alla sua vista, cessavano di esistere, mentre ora inizia a cercarli, ciò significa che l’oggetto rimane ben presente nella sua mente. Inoltre le cose o gli avvenimenti possono esistere anche solo nella sua mente e può evocarli ripescandoli fra i ricordi per farli rivivere sotto forma di immagine. 
A dodici mesi scopre l’intersoggettività ed inizia, per regolare i suoi sentimenti, a far riferimento allo stato emotivo mentale della mamma (ad esempio, un bambino che cade e non si è fatto male, guarda la madre prima di decidere se piangere o ridere). Questa importante scoperta consente all’individuo di interpretare le azioni umane sulla base degli stati mentali che le sottendono, creando così una corrispondenza fra gli stati mentali di sé rispetto agli altri (ad esempio la condivisione di un entusiasmo o di una gioia). 
La condivisione o meno degli stati mentali è un potente mezzo per modellare il comportamento di un’altra persona, contribuisce ad accrescere il rischio di malintesi e incomprensioni. 
Ad esempio, se ai gesti affettuosi di un figlio, il genitore risponde con un rifiuto, il bambino resta confuso per questa mancanza di intesa, proverà un senso di solitudine quando è in sua compagnia. Se questa situazione si ripete con frequenza il bambino fa propria questa visione che rischia di diventare un tratto della sua personalità, che si traduce in una difficoltà a stabilire relazioni. 
A dodici mesi, il bambino inizia a fare distinzione tra le persone, che provocano in lui reazioni emotive diverse: guarda con sospetto gli estranei, con fiducia le figure familiari, ma soprattutto stabilisce un rapporto speciale con la persona che si prende cura di lui. All’inizio, dopo la nascita, la principale figura di accudimento era importante in quanto soddisfaceva ai suoi bisogni primari (cura, cibo, ecc.), ora diventa affettivamente importante, sente di dipendere dalla sua presenza, in quanto diventa fondamentale per il bambino il senso della sicurezza, si sente psicologicamente e fisicamente legato alla madre. Questo legame, che spinge il bambino verso la madre è stato denominato Sistema dell’Attaccamento. Contemporaneamente inizia a manifestarsi anche la curiosità per il mondo che lo circonda; questa spinta è stata denominata Sistema Esplorativo. Il bambino inizia a muoversi fra questi due mondi, per cui se si allontana troppo dalla madre si attiva il Sistema dell’Attaccamento che lo spinge a ritornare verso la madre, mentre se si sente al sicuro viene attratto dal mondo esterno ed attiva il Sistema Esplorativo.
Con la condivisione degli stati mentali, i genitori iniziano a modellare la personalità del figlio, ma se questa condivisione è contradittoria, difficilmente il bambino sarà in grado di conciliare le contraddizioni, per cui finirà per trascorrere gran parte della sua esistenza nel cercare di risolverle dentro di sé, oppure sulla spinta del disaccordo dei genitori rifiuterà alcuni tratti della sua personalità. 
A venti mesi, scopre i simboli verbali ed entra nel Mondo delle Parole. Ha ormai acquisito un adeguato numero di esperienze, per cui improvvisamente compie grandi progressi nella comprensione del linguaggio ed entra nel mondo delle parole. Scopre i simboli verbali, che forniscono nuove prospettive all’immaginazione e al dialogo, ma nello stesso tempo produce sconvolgimenti all’interno dei suoi mondi non verbali. Inizia a raffigurarsi gli avvenimenti passati, presenti e futuri ed inizia a far uso dei simboli per riferirsi alle cose, alle persone e a se stesso. Il bambino è ormai in grado di costruire un modello mentale delle attività, prima di eseguirle e attraverso un processo di imitazione differita, ricorda e riproduce gli avvenimenti nello scenario mentale. Grazie all’immaginazione ora può vivere simbolicamente i suoi desideri, non è più vincolato alla realtà e può osservarsi dall’esterno di sé stesso. 
Le esperienze globali non verbali possono venir ricordate e rappresentate, anche se non sono state mai espresse in parole (ad esempio la percezione di un odore associato ad una esperienza passata, potrebbe far rievocare quella esperienza) 
Ai notevoli vantaggi offerti da questo nuovo mondo, si contrappone lo svantaggio che deriva dal fatto che il linguaggio non è in grado di esprimere le esperienze nella loro globalità. Infatti, consente la suddivisione in categorie delle cose, ma è inadatto ad esprimere le gradazioni che distinguono queste categorie, in quanto il linguaggio, frantumando le esperienze globali nelle loro componenti, scinde il pensiero dalle emozioni. Questa frantumazione crea confusione nel bambino in quanto per la prima volta è costretto a contemplare due diverse versioni del medesimo avvenimento. Inoltre il bambino non vive più in un eterno presente, in quanto ora è in grado di richiamare alla mente i ricordi, che consentono di arricchire il suo presente con le esperienze del passato. In altri termini, il passato sconfinando nel presente e il futuro mescolandosi al presente sotto forma di fantasie, lo arricchiscono e consentono di interpretarlo. 
A quattro anni, è ormai in grado di trarre conclusioni dalle sue esperienze e quindi scrivere una storia autobiografica e raccontarla ad altri. E' quindi in grado di parlare di sé in prima persona. Ha appreso il meccanismo della riflessione logica e sa trarre conclusioni dalle proprie esperienze e può quindi iniziare a costruire una sua storia autobiografica e raccontarla ad altri. Il bambino è in grado di accedere ai ricordi del suo lontano passato, non sotto forma di episodi, ma attraverso le emozioni che hanno suscitato in lui, specialmente le esperienze che ha potuto sperimentare più volte e che quindi sono rimasti attivi nella sua mente (i ricordi se riattivati e ricontestualizzati restano facilmente accessibili, mentre se non vengono riproposti alla mente tendono a svanire). 
La narrazione del passato, generalmente costruite dal bambino con l’aiuto dei genitori, potrebbe essere diversa da quella realmente vissuta, per cui in un certo senso il bambino ricrea il suo passato. Se la narrazione è molto discorde dall’esperienza vissuta, si crea nella mente del bambino una distorsione della realtà che potrebbe svolgere un ruolo significativo nei disturbi mentali. In questi casi, compito della psicoterapia è di individuare le differenze fra le esperienze vissute e le narrazioni, al fine di alterare quest’ultime (o entrambe) per poter ricreare un accettabile armonia fra narrazione e ricordo. In uno sviluppo normale, il bambino attraverso la narrazione autobiografica, crea la propria identità. Questo processo ha luogo quotidianamente e non si interrompe mai.

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