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Omofobia, Omosessualità e Pedofilia
di Antonio Sammartino    19/03/2000

Secondo alcune statistiche, in Italia vi sono circa 5 milioni di omosessuali dichiarati.

Con il termine omofobia si intende il pregiudizio, la paura irrazionale, l’odio violento nei confronti delle persone omosessuali, oppure timore di essere considerati omosessuali, o terrore di essere omosessuale. L’omofobia deriva quindi dall’idea che siamo tutti eterosessuali e che è naturale scegliere un partner del sesso opposto. La realtà dimostra che questa convinzione è errata. 

Spesso l’adolescente è confuso ed incerto nei riguardi delle proprie sensazioni interiori. Il crescere in un ambiente omofobo può facilmente snaturare le sue pulsioni e il suo desiderio sessuale non chiaramente connotato, predisponendolo alla pedofilia o all’omosessualità. 
E' l’esasperazione dei concetti religiosi e sociali basati sull’omofobia che predispongono l’individuo e lo indirizzano verso la strada della pedofilia o dell’omosessualità. In diversi casi, la pedofilia è una nevrosi indotta dall’esasperazione religiosa dell’omofobia. Nell’adolescente, il desiderio sessuale è un processo molto più complesso e ricco di sfumature, tuttavia è fortemente condizionato dalle imposizioni e dalle repressioni sociali. Infatti la repressione può snaturare la sua sessualità, negandogli quel naturale, profondo e intimo incontro col partner del sesso opposto. 
Secondo padre Cozzens, direttore di un seminario cattolico Usa, in America circa il 60% dei preti è omosessuale. Ciò significa che il riconoscimento di diritti ai gay potrebbe creare una serie di problemi giuridici ed economici alla Chiesa. È facile quindi comprendere i motivi per cui la Chiesa è contraria all’estensione dei diritti civili alle persone, alle coppie di fatto eterosessuali e ai gay. Inoltre mi sembra un tentativo grossolano ed inutile di arginare la sessualità dei preti. La storia dimostra, per quanto riguarda i diritti civili, che la Chiesa aiutata dai politici corrotti ha vinto alcune battaglie, ma ha sempre perso le guerre. 
Secondo alcune statistiche solo l’1% dei preti è pedofilo. Un rapporto commissionato a John Jay dal U.S. Bishops, ha scoperto che, nel periodo dal 1950-2002, sono stati denunciati 4392 preti per abusi sessuali contro i bambini. Queste statistiche, provano numericamente e in modo inequivocabile che non vi è nessun legame fra omosessualità e pedofilia. Sono percorsi psicologici totalmente separati.
Diversi ricercatori hanno studiato moltissimi casi di pedofilia (ad esempio, Oliveri ne ha esaminati circa 3000) e non ha trovato un solo omosessuale che ha spostato la sua attrazione e il suo desiderio sessuale dall’uomo adulto ai minori. 
Nella totalità dei casi i pedofili erano eterosessuali prevalentemente omofobi. In questi individui, la scelta del bambino come partner sessuale, si basava sulla convinzione di una loro maggiore disponibilità o discrezione e soprattutto sulla loro vulnerabilità. 
Secondo le attuali conoscenze, l’omosessualità è una semplice ed innocua variante dell’orientamento sessuale. È il libero riconoscimento, di una chiara Identità di genere. È un rapporto che nasce fra persone dello stesso sesso, quasi sempre coetanei, in genere adulti, che liberamente decidono di vivere insieme una relazione sentimentale o più semplicemente un rapporto di tipo sessuale. 
La pedofilia invece è un disturbo mentale legato all’identità di genere, quindi a fattori personali non sociali e ad una difficoltà di relazione fra i sessi. Si sviluppa in individui a cui non è stato fornito la possibilità o non sono stati in grado di costruire una adeguata sessualità adulta, per cui sono rimasti in uno stato di identità di genere indifferenziato. 
Il pedofilo ha comportamenti ricorrenti (quindi non può guarire) e di intenso stato di eccitamento sessuale, nei confronti di bambini in età prepuberale, cioè in una età in cui il corpo del bambino non ha chiare caratteristiche sessuali di genere (a parte il pisellino). Per questo motivo il pedofilo non ha una preferenza e non è in grado di distinguere fra vittima maschile o femminile. La scelta quindi, in generale, è prevalentemente di possibilità o casuale. Spesso il pedofilo non desidera guarire, non ha sensi di colpa e vive bene la sua condizione, in quanto vede nella vittima la sua immagine riflessa e non una distorta patologia narcisistica. Non considera la sua una forma di violenza, ma un sentimento di amore. 
Secondo alcuni studi, i genitori incestuosi, non sentendosi amati dalle mogli, approfittano del potere sociale che esercitano sui figli, per realizzare la loro perversa sessualizzazione. Quindi sostituiscono la moglie con la figlia. Per cercare di conquistare le attenzioni della figlia, si comportano da vittime, in modo da far nascere nella bambina, un senso di colpa per assenza di affetto. Per superare questo senso di colpa la figlia è costretta ad accettare le attenzioni. L’abuso si protrae per anni, nel più totale silenzio e con grandi sensi di colpa della bambina. In genere quindi, non è un atto isolato, ma si realizza attraverso amichevoli discussioni che seducono e lusingano il bambino da una parte e dall’altra alterano il suo equilibrio psicologico, mediante tattiche che generano confusione, vergogna e paura, al fine di garantirsi quel perverso consenso. 
L’identità di genere si forma durante l’adolescenza. 
Durante questo periodo il bambino acquisisce la propria identità sessuale in modo naturale, tuttavia possono insorgere piccoli o grandi problemi che si risolvono naturalmente durante la fase di sviluppo della personalità. Se durante l’adolescenza un bambino subisce una serie di abusi sessuali, traumi psichici, maltrattamenti o si trova a vivere in famiglie problematiche, può bloccarsi lo sviluppo della propria identità di genere, che li condanna nell’età adulta, alla condizione di pedofilo.
Tuttavia questi bambini potevano essere salvati e indirizzati verso uno sviluppo psicosessuale non deviato. Quindi, è possibile evitare che il bambino divenga pedofilo in età adulta, ma non è possibile recuperare l’adulto pedofilo. Quindi occorre comprendere nel bambino, condannato a diventare pedofilo in età adulta, quando vi è l’incapacità a contenere la sofferenza psicologica, indotta dall’umiliazione e dalla segregazione, al fine di favorire in lui un processo di maturazione che può condurlo al cambiamento. Quasi sempre la causa che impedisce questa maturazione è una rigida educazione sessuofobica, mentre una corretta educazione sessuale fondata sull’affetto, sulla libertà e sull’informazione corretta, può contribuire ad attenuare molte devianze di origine sessuali. 
Spesso nell’infanzia del pedofilo, subire l’abuso è paradossalmente l’unico modo per ricevere affetto. Immaginare, ad esempio, il rigore sessuofobico dei seminari, ma non solo. 
Il pedofilo, in genere cerca le vittime usando l’astuzia, al fine di evitare di essere scoperto, quindi cerca di guadagnarsi la fiducia dei familiari e la simpatia della vittima. Per questo motivo, nella maggior parte dei casi, le vittime appartengono alla stretta cerchia familiare, in quanto il rischio di essere scoperti è più alto nella scelta di estranei. In questi casi, si limita a spogliare la vittima per accarezzarla o toccarla con delicatezza, nella perversa convinzione di voler educare o procurargli piacere. Spesso si giustifica affermando che la vittima era sessualmente provocante.
Nel pedofilo l’eccitazione e il godimento sessuale sono un modo perverso per colmare la solitudine e le sofferenze psicologiche, vissuta durante il periodo dell’adolescenza. In alcune forme di pedofilia può prevalere il sadismo (personalità psicopatiche antisociali), in questi casi il pedofilo utilizza pratiche basate prevalentemente sulla violenza fisica sottoponendo la vittima a fellatio, penetrazione della vagina, bocca, ano. In rari casi può spingersi fino ad azioni di estrema violenza. 
Spesso, la vittima del pedofilo è come paralizzata, perché violata da persone che avevano la sua fiducia, si sente quasi colpevole, crede o gli viene fatto credere dal pedofilo, di essere la causa, quindi non potendo rivolgersi all’esterno, indirizza verso se stesso la rabbia e la vergogna, tutto ciò può in un futuro contribuire a spegnere i suoi desideri, allontanandolo definitivamente dal sesso inteso come fonte di benessere sentimentale. Inoltre si altera l’immagine di sé, si distruggono i legami di sicurezza e di fiducia verso gli altri. È una ferita che può trasformarsi in morte psicologica, trauma psichico, se il bambino viene abbandonato ai suoi sensi di colpa, vergogna, confusione e rabbia. Per salvarlo occorre adottare adeguate strategie di ascolto, di solidarietà e di affetto.

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